Nata nell'anno 1968 dall'unificazione dei comuni di Nicastro, Sambiase e Sant’Eufemia, Lamezia Terme è la terza città della Calabria per abitanti e occupa un ruolo importante come centro direzionale per l'economia del territorio, svolgendo una funzione rilevante come nodo geografico regionale per i suoi svicoli stradali, ferroviari e aeroportuali.
Lamezia Terme recupera da un lato il nome della più antica comunità politica attestata nel territorio già in età protostorica, i Lametìnoi e dall'altro richiama la presenza di sorgenti di acqua termale nel corso del torrente Bagni, in località Caronte.
Al centro della Calabria, alle pendici del Reventino, da oltre duemila anni sgorgano acque salutari già note in epoca romana come Aque Angae, Le quattro polle d'acqua calda che si uniscono con la corrente del fiume Bagni creano diversi gradi di temperatura e l'ultima, la più calda di tutte, con una gradazione che arriva sino a 39°, ha preso il nome del mitologico Caronte.
Le Terme di Caronte sono di per sé un luogo di fascino in cui tutto concorre a mantenere la promessa del benessere.
Situato vicino al bellissimo golfo di Sant’Eufemia, immerso nel verde di un parco, circondati dalla macchia mediterranea del Mitoio, l’attuale stabilimento termale è una struttura moderna e funzionale, dove rilassarsi attraverso i percorsi benessere o per curare malanni e rimettersi in forma. Fuori dallo stabilimento, per qualche attimo di benessere low cost, c’è la gurna, una pozza liberamente accessibile tutto l’anno, per usufruire delle acque sulfuree e dei suoi fanghi.
Le Terme Caronte dispongono anche di una moderna area Benessere dove si fondono le risorse naturali di Acqua e Fango con le metodiche di cura degli inestetismi e di remise en forme generali. Luogo ideale per programmi di prevenzione, cura e riabilitazione, in un ambiente climaticamente privilegiato ed ecologicamente incontaminato, nel quale ritrovare salute e benessere.
Il castello normanno-svevo di Nicastro ha sempre esercitato un’attrattiva particolare per i molti viaggiatori stranieri che dal ‘700 in poi hanno visitato la Calabria.
Storia e mito, attrattiva e paura si sono sempre mescolate intorno a questo maniero, avvolgendolo in un alone di mistero. Specialmente dopo il rovinoso terremoto del 1638, che abbatté il castello seppellendo sotto le macerie il feudatario principe Cesare d’Aquino, sono sorte tante suggestive leggende come quella della tana delle fate, quella della chioccia e i pulcini d’oro e, soprattutto, quella del paggio e della principessa. Secondo la tradizione, quando cala la notte le fate escono dalle grotte di cui sono piene le sponde del torrente Canne e si aggirano intorno ai ruderi del castello e tra gli stretti vicoli, percorrendo poi il corso del torrente per raccogliere fiori, bacche e miele.
La storia del castello ha molti punti di riferimento con Federico II, che avendo ereditato per via della madre Costanza d’Altavilla tutti i beni dei Normanni, provvide subito a riscattare la città di Nicastro dalla feudalità benedettina, che possedeva la metà della città, incluso il castello, dando in cambio all’abate dell’abbazia di S. Eufemia la terra di Nocera e il casale di Aprigliano. Da una lettera del 1239, riportata nella Historia diplomatica di Federico II, risulta che in quell’anno il re fece restaurare la rocca del castello e il tetto del grande palazzo che possedeva in contrada Carrà, proprio in mezzo alla omonima grande foresta che costituiva una grande riserva di caccia e che ospitata anche il grande monastero basiliano di S. Maria del Carrà.
( foto:aeroporto.net testo:turiscalabria.it)